IL CONVENTO
Sorgeva alla sommità dell”Orto dei Frati” (si capisce quindi perché i Lericini lo hanno sempre chiamato così) dov' era il Teatro Goldoni( costruito sulle sue rovine) e dove ora c'è un grosso palazzo.....
Questa è la sua storia tratta da“Lerici” di Oreste Bardellini.
“La Comunità di Lerici fece supplica alla Repubblica di Genova per l'apertura in Lerici di un convento di Cappuccini, ed allegò alla domanda il nulla osta degli Agostiniani di Maralunga e della Curia vescovile. Nel 1608 si principiò l'erezione della chiesa e del contiguo convento in località denominata Padula su terreno donato dal patrizio Domenico Botti di Federico .
Primo Fabbricere fu Pellegrino Carpanini e primo cassiere Martino Petriccioli . Essi ressero le rispettive cariche oltre un quarto di secolo con gratuita prestazione d'opera e larghi contributi. Fra i benefattori si segnalarono oltre il marchese Botti, Simon Benedetti residente in Roma ; Giov. Picedo Picedi d'ArcoIa.
II Comune diede annui sussidi.
La chiesa fu dedicata all' Immacolata ed a San Francesco.
Il convento, costrutto a due piani, ebbe circa venti cellette.
Fra Antonio da Lerici fu il primo Padre Guardiano del convento (1511).
II 17 sett. 1779 il convento fu invaso da soldati e birri col pretesto di cercarvi beni nascosti.
Nell'anno 1798, per ordine del generale Miollys, i frati dovettero evacuare il convento, con obbligo di lasciare le stanze e i letti forniti nella guisa che servivano ai religiosi; e di lasciare tutto ciò ch'era spettante della foresteria. Ai frati si passò il necessario al vitto per quarant'otto giorni. Questo tempo fu loro dato per uscire dal convento e vestirsi da preti, con minaccia di carcere a chiunque fosse apparso in pubblico vestito da frate.
Dopo i rovesci delle armate francesi, occupato il nostro golfo dagli Austro - Russi, il Comune riconsegnò ai frati il convento ordinando che fosse restituito tutto quanto di proprietà era passato alla chiesa parrocchiale e a privati.
Il convento si trovò spoglio, rovinato; la chiesa non più ufficiabile.
Il dott. Domenico Carosini, - (Capo Anziano) e primari signori, padroni, marinai, artieri, accolsero in trionfo i frati, che ebbero larghe offerte per riparare i danni, e molte opere gratuite.
Il 14 febbraio 1816 ripresero possesso del convento e la Domenica delle Palme 11 aprile, in solenne processione venne riportata alla Chiesa dei Cappuccini dalla parrocchiale la statua dell'Immacolata.
La chiesa fu solennemente ufficiata il Martedì Santo. Le funzioni si chiusero con un Te Deum cantato con generale commozione.
I frati riebbero gli arredi sacri; molta roba di spettanza del convento e 405 dei 595 volumi della biblioteca.
Re Carlo Alberto diede un sussidio di lire duemila e altro sussidio diede il Comune. Con questi sussidi e molte oblazioni di privati, vennero rifatte porte, finestre, ed apportati restauri e miglioramenti alla chiesa.
Dal 4 agosto 1854 al successivo 4 settembre la chiesa fu mutata in lazzaretto di poveri colpiti dal colera che infieriva in Lerici; ed i frati furono caritatevoli infermieri propensi per lo spirituale.Ebbero essi due medaglie d'argento che appesero alla statua dell'Immacolata.
Sul finire del 1866 i Cappuccini, per nuova legge, lasciarono Lerici e il governo diede la chiesa e il convento in affitto al comune.
Il sac. Francesco De Benedetti ufficiò per qualche tempo la chiesa quale cappellano; ma poi: altari, statue, mobili, arredi sacri, tutto fu venduto per poca moneta ad asta pubblica.
Statua della Madonna ebbe la parrocchia di Tellaro; urna con la statuetta in cera di Santa Elisabetta passò alla parrocchiale de La Serra. Le panche acquistò la parrocchiale di Santo Stefano Magra, e l'altare maggiore ebbero i Cappuccini di Sarzana; l'altro acquistarono privati.
La bella chiesetta, nella quale avevano tomba le famiglie Ollandini, De Benedetti, Garibaldi, come ricordavano lapidi spezzate, ora è mutata in Teatro Goldoni.
Noi vecchi ricordiamo i buoni amatissimi frati; in modo particolare ricordiamo: Padre Luigi Questa da Spezia, conforto nella sua tarda età nelle corsie dell'ospedale di Pammatone a Genova; e ricordiamo pure il questuante dentista, Fra Marco, anima popolare schietta, serena, gioviale.”
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