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COME LA COSCIENZA È PRODOTTA DAL NOSTRO CERVELLO

di Francesco Pelillo

big-bang

Per la definizione dello spazio concettuale da cui ritengo che emerga la Coscienza devo fare una premessa "cosmologica" così da poter tentare di dare plausibilità e coerenza a quello che dirò in seguito.  Per questa premessa mi rifaccio allo stato dell'arte nella ricerca delle origini della dimensione in cui esistiamo, e perciò parto dal cosiddetto Big Bang che vede nella successiva Nucleosintesi e nella Ricombinazione l'inizio di tutti i processi evolutivi che a cominciare da quark, elettroni, protoni, atomi, molecole... hanno portato alla formazione degli stati chimici, minerali, biologici e, infine, grazie alla formazione delle strutture biologiche cerebrali, a quelli psichici. 

 

In questo processo, che ha avuto inizio circa 14 miliardi di anni fa, io vedo il percorso "filogenetico" che dall'energia primeva ha portato senza soluzione di continuità all'esistenza degli esseri viventi e infine dell'uomo con la sua mente, ma è importante sottolineare che questo non lo considero un approdo a una condizione stabile e localizzata dell'energia universale, poiché nell'uomo — pena la nostra decadenza dalla condizione di Homo sapiens — devono essere continuamente in attuazione, in modo dinamico e interdipendente, tutti gli stati che precedono la formazione del suo stato psichico e che si sono formati a partire dalla nucleosintesi. Quindi, in una visione olistico-sistemica, vedo la nostra coscienza come il massimo risultato raggiunto dalla complessità con cui si sono aggregate — per quel che ne sappiamo e su questo pianeta — le forze universali le cui diverse interazioni sono alla base di tutti i "fatti" che siamo in grado di rilevare nella nostra dimensione attraverso i nostri sensi e le nostre protesi tecnologiche.  A questo punto, se accettiamo che la coscienza sia frutto di questo processo evolutivo che è in corso da miliardi di anni (io ritengo senza alcun finalismo e tralasciando ipotesi teologiche), non vedo come si possa pensare ad essa come a un ente indipendente da tutti i fenomeni che ne precedono l'emergenza e collocato in un apparato sostanzialmente a lei estraneo. Per questo penso che, anche se come individui siamo in grado di riconoscere noi stessi e di perseguire la difesa dei confini che ci definiscono nel nostro stato biologico e psicologico locale, non possiamo non tenere conto della nostra interdipendenza con i processi attuativi di tutti gli stati evolutivi che in noi sono presenti contemporaneamente. Stati che, retrocedendo in complessità, divengono sempre meno identificabili e gestibili nel perimetro esclusivo della nostra individualità a causa della loro sempre più diretta connessione con il livello universale dell'energia che si manifesta nei legami atomici o come raggi cosmici, radiazioni, magnetismo, e quant'altro… che non possono non influenzare già a livello quantistico le nostre strutture biologiche cerebrali e quindi la nostra mente.  Date queste premesse, capisco che sostenere che la coscienza sia il prodotto della complessità di tutte queste interazioni che sono riconducibili alla Fisica, possa indurre gli umanisti-spiritualisti ad accusare questa visione di essere meccanicista e scientista, ma oggi questa accusa cade proprio per mano degli stessi scienziati che, dopo la discesa agl'inferi del riduzionismo positivista, proprio grazie ai dati raccolti nei loro esperimenti sono approdati ai principi di "indeterminazione" e "non località" del livello quantistico della realtà, e ora sono costretti a dedurre i comportamenti della cosiddetta materia esclusivamente dalle tracce lasciate sui loro monitor dall'energia. Essi stessi hanno demolito — penso definitivamente — l'apparente determinismo del mondo macroscopico dove sembravano valere solo le leggi galileiane e newtoniane.  Parimenti, da parte degli scientisti più ortodossi ancora legati al pensiero lineare e alle leggi di causa-effetto che si riscontrano solo nei sistemi isolati che indagano, la visione olistico-sistemica che porta alla comparsa della nostra mente viene interpretata come "spiritualista" poiché,  presupponendo il ruolo fondamentale e pervasivo dell'energia in tutti i processi evolutivi, sembra accreditare una tesi teleologica e finalistica che invece non è affatto necessaria se si estende la valenza dei principi darwiniani di "mutazione" e "selezione" alla filogenesi di tutta la realtà.  Assistiamo così al paradosso che neurobiologi che studiano il comportamento delle piante e degli animali, finiscano per addebitare loro un mentalismo umano anziché dedurre dall'indagine della biochimica che sta a monte dei loro comportamenti la genesi dei nostri. Questa impostazione ci dice quanto siano lontani da una visione della natura dove solo il grado di complessità delle loro relazioni interne e esterne determina negli esseri biologici i vari livelli di coscienza di sé e del mondo.  Oggi, grazie alle scoperte delle neuroscienze e al contributo fondamentale delle tecniche di brain imaging, è ormai accertato che l'attività psichica è in stretta relazione con l'attività elettrica e biochimica neuronale che è stata consentita dai processi evolutivi che ho descritto sopra. Partendo da questa posizione, quindi, una volta entrata in funzione la "macchina" psichica che è in grado di interpretare e memorizzare i dati provenienti dagli apparati sensoriali, di seguito cerco di dimostrare con un esempio come la coscienza sia un suo prodotto:  PUNTURA DI SPILLO LA PRIMA VOLTA IN UN NEONATO • Visione di una entità sconosciuta (una lineetta lucente) > Parte l’impulso neuronale dalla retina • Tatto dalla parte appuntita > Parte l’impulso neuronale dall’epidermide > Arrivo degli impulsi nelle aree del cervello dedicate > Sensazione negativa per lo squilibrio biochimico che gli impulsi procurano allo stato di equilibrio dell’area cerebrale dedicata > Associazione dello squilibrio biochimico con l'esperienza tattile e visiva acquisita > Conseguente attribuzione di caratteristiche visive e tattili all'oggetto spillo, associate alle sue potenzialità > Stabilizzazione di percorsi sinaptici dedicati > In memoria lo spillo diventa un entità essente di una data dimensione, forma, durezza, colore, lucentezza..., ed è pungente > Aggiunta di questi dati ad altri che verranno acquisiti, per la costruzione di una rete di percorsi sinaptici che, confermando la CAUSALITÀ dei rapporti tra sé e ciò che esiste fuori di sé, definiscono in modo sempre più ampio e articolato i propri confini esistenziali e la collocazione di quel sé nel mondo.  Con i meccanismi di azione e retroazione tra i circuiti neuronali coinvolti nell’acquisizione e nel deposito di nuovi dati, nel corso dell'esistenza avviene la costruzione di sempre nuove associazioni che richiedono la costituzione di ulteriori percorsi neuronali, da dove potranno poi essere utilizzate come dati in grado di interagire con quelli nuovi in entrata.  Si delinea così, la formazione della “coscienza di sé” come risultato continuamente attuato dalla continua ricerca dell'equilibrio biochimico tra gli effetti mentali che derivano dall'annessione di significato alle connessioni sinaptiche stimolate dai dati in ingresso dai sensi e gli effetti (sempre attualizzati biochimicamente) dei dati registrati nei circuiti neuronali della memoria.  Dalle infinite possibilità di interpolazione — attuata sempre in funzione della definizione e della difesa dei propri confini esistenziali — dei molteplici dati che sono frutto di questo continuo feedback deriverà quello che chiamiamo pensiero con il corollario di quella che chiamiamo coscienza. 

Francesco Pelillo