La storia documentata di Barbazzano è rintracciabile dall'anno 1152 all'anno 1584.Il borgo fortificato,compare costantemente in simbiosi con il castello di Ameglia con il quale condivide le sorti e la storia.
Barbazzano presidia l’omonimo distretto nella curia di Ameglia, le terre del vescovo, dove il vescovo esercita i poteri comitali e concede, a titolo di vassallaggio appezzamenti o redditi a laici o a istituzioni religiose. Solo nel 1186 esiste una formale sottomissione a Genova. Nelle sue pertinenze si trovano Portesone, Serra, Tellaro, Fornelo, Figino, Caporaqua, Canego, Mezzana, Cala, Cala solitana, Verazzano, Fratta, Valle di Stefano, Valdonega, Feschalino, La Platena , Carpeneta , Aramonte, Arliano, Picceta, Canneto, Marlamoza Maretima e Fabiano con altre località minori e difficilmente identificabili e la tanto ricercata Verrucola. Il borgo, strategicamente importante, ha avuto la sua origine in posizione chiave sulle vie conosciute di allora. Da Barbazzano, passava infatti l'antica via che metteva in comunicazione l’attuale litorale lericino con la vallata del Magra ma soprattutto con il castrum di Ameglia, sede del Vescovo-Conte. In Fiascherino, si ritrova il suo porto naturale, luogo in cui i barbazzanesi costruivano navi per commerciare e probabilmente predare e combattere. L'economia del borgo,è prevalentemente basata sull’ agricoltura e pastorizia ma non poteva mancare la pesca e il commercio nonché la pirateria. L'eco di tali imprese è sopravissuto al tempo se ancora oggi si ricorda che nel lontano 1264 una saettia con uomini di Ameglia e Barbazzano, al di sopra del Corvo,abbia assalito e depredato del carico il fiorentino Lapo di Bonpagano di ritorno da Pisa. Certamente esperti marinai con una propria, se pur piccola flottiglia, se dall'atto del Codice Pelavicino n. 16 del 22 giugno del 1274,si rileva che il Vescovo Enrico imponeva a Barbazzano il dovere di fornire uomini e nave ogni qual volta avesse inteso intraprendere viaggi per Roma, Pisa o Genova. Analoga richiesta è riproposta nel codice al doc. n. 375. Nel Cartulario di Giovanni di Giona al doc. n. XXXV e n. CCCLX rimane documentata la comproprietà di barbazzanesi in due legni da carico. Oggi,il luogo si presenta in tutto il suo squallore; terreno incolto, muraglie diroccate, la vegetazione selvaggia che ricopre e si impossessa di tutti quei resti che ancora potrebbero dare interessanti significati a cumuli di pietre cotte dal sole e sgretolate dal tempo. Questo è Barbazzano. Eppure, osservando con scrupolo fra le sterpaglie e le alte erbe,non è difficile scorgere qualche segno che certamente ha riferimento con ciò che deve essere stato il borgo antico. La mano avida dell'uomo e tanto sudore,in cinquecento anni di silenzio,ha profondamente modificato le antiche e originali strutture per ricavare i magri frutti di questa terra avara; tuttavia di tanto in tanto, sono rimasti tangibili tracce di grande interesse storico. La testimonianza più rilevante e evidente, per chi visita quel luogo, è certamente la torre. Essa è disposta sulla collina, visibile da buona parte del Monte Murlo, Bandita, Rocchetta e dal mare. A base quadrata, si erge sugli olivi, mancante alla sommità, per una altezza variabile da sette agli otto metri. Sul suo lato anteriore di circa metri quattro,con spessore di centimetri ottanta, si apre la porta ad arco,con luce di metri uno e cinquanta per tre e cinquanta. A piè dell'arco, per chi guarda con le spalle rivolte a Serra, si scorge,al culmine dello stipite destro,una pietra sporgente e forata,cardine dell'antico portone. Osservando la disposizione dei ruderi e delle "vie storiche" che praticamente circondano Barbazzano, considerando in oltre l'importanza dei luoghi che dette vie uniscono,sembra impossibile ritenere che quella tuttora esistente all’interno della torre,sia l'unica porta del borgo fortificato. Certamente si tratta di una porta, ma sicuramente una delle meno importanti ivi esistenti, poiché dalla strada che scende dalla torre si giunge al canale d'Arlino l’Arliano del Codice, e da li a Fiascherino,mentre dal lato opposto,a monte,passa la via principale,o meglio si incrociano le vie che uniscono Barbazzano a La Serra, a Tellaro,Portesone,Capo d'Acqua e quella che si riunisce nei Senti con la via d'Ameglia. Le tre vie che al contrario scendono al mare,hanno come loro naturale destinazione le tre spiagge racchiuse tra la Punta di Mezzana e quella di Trigliano. Ad un più attento esame,la porta della torre,si presenta stranamente incompleta,mancante della parte superiore all'arco, lasciando ad intendere un rifacimento in epoca posteriore a quella della costruzione,oppure,cosa più attendibile,ad un asporto di pietre sagomate che verosimilmente potrebbero aver trovato una nuova collocazione nella facciata della chiesa, dopo la visita pastorale del delegato Francesco Bottini del 1568. La chiesa, sul crinale, poco sotto la sommità della collina, dodici metri per otto,circa non presenta,come asserisce il Poggi alcun coro circolare e probabilmente nasce dal riutilizzo di una struttura militare probabilmente romana, ivi esistente. Lo dimostrerebbero le due feritoie arciere posizionate in modo da controllare il sovrastante crocevia e il raffinato arco ribassato con i cardini interni alla costruzione nonché l’originale alloggiamento del trave di chiusura. Dopo il suo ultimo utilizzo a stalla, sta oggi diroccando. Dedicata a San Giorgio, secondo la documentazione, si presentava con tre altari e fonte battesimale in marmo bianco. Compare citata per la prima volta fra le carte del Monastero di San Venerio del Tino nel documento n. CCXXXII del 1280. Non presenta campanile ma non può escludersi l’utilizzo di una o più campane che avrebbero potuto alloggiare in una struttura lignea. Nell’atto sopra citato si legge... "candelis accensis et campanis pulsatis". La fine di Barbazzano ha dato origine ad interpretazioni discordi tali, da confondersi con la leggenda che vedrebbe il borgo distrutto e depredato da quei pirati Saraceni che infestavano il golfo e buona parte dei mari italiani, o forse dagli stessi uomini di Portovenere, durante la notte della vigilia di Natale tra gli anni 1562 e 1564. Questa tesi,come d'altro canto le altre,non può essere in alcun modo suffragata da alcun supporto storico, lascia anzi maggior spazio alla supposizione che la distruzione del borgo sia soggetta al crescere economico dei borghi limitrofi e all'abbandono del luogo, da parte della popolazione stessa verso centri in cui fosse molto più facile vivere. L'etimologia si perde nel tempo ed è presumibile pensare che il nome derivi dal latino Barbatus "cognomen"ampiamente diffuso tra la gentes Cornelia,Valeria,Oratia etc. oppure come sosteneva il De Rossi, dalla famiglia dei Balbi, come pure Carbognano da Carbonius, Verazzano da Veratius etc. Esiste infatti presso il museo di Parma una tavola bronzea rinvenuta presso Valleia e denominata "Tavola Alimentaria di traiano" nella quale sono riportate le origini dei nomi di alcuni insediamenti romani; Troviamo cosi' Fondum Aemilianum da Marco Emilio Scauro per Ameglia, Fondus Vetianum, da Caio Vezio Secondo per Vezzano etc.(non figura in elenco Barbazzano). Comunque,accettando questa ipotesi,possiamo definire una prima data di nascita per il borgo di Barbazzano quale insediamento romano,data che si aggira tra il 177 A.C e il 157 A.C. Non escluderei la più semplice delle ipotesi da ricercarsi nel termine Barbacane, di etimo incerto, dove in una struttura militare, si indica sia uno sperone addossato alle mura, sia una struttura avanzata di difesa.
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